Ullalà, quanta roba!
Una prima considerazione: ultimamente mi capita che non appena dò per scontato qualcosa e lo considero, diciamo, metabolizzato: bam! leggo qualcosa che, in tutto o in parte, mi rialimenta il dubbio. Mi è capitato anche in questo caso per alcuni aspetti che Templar solleva, per cui cerco di procedere con ordine e vediamo se alla fine ne esco con qualche convinzione in più (non si può vivere nel dubbio permanente!).
Tempra multipla (doppia o tripla).
Ho fatto mio l’assioma per cui “grano austenitico piccolo fa grano martensitico piccolo” ma anche: “grano martensitico piccolo fa grano austenitico piccolo” Sulla scorta di questa convinzione (che viene proprio dal Vehroeven citato da Templar) ho concepito cicli di tempra con temperature “a calare”. E’ una soluzione che, con Luca, abbiamo sperimentato sul 100Cr6 con, a quanto pare, buoni risultati. In altri termini, se l’obbiettivo è di sfinare il grano trovo giusto stare un po’ più sotto la temperatura di austenizzazione del cicli precedente. Fare il contrario, per me, implicherebbe interrompere il processo di “sfinamento”. Poi, ho fatto mia una seconda posizione: temperature di austenizzazione alte e lunghe permanenze contribuiscono all’ingrossamento del grano austenitico. Quando tempro cerco, a prescindere, di stare al minimo del range consigliato dal produttore e per tempi che ritengo adeguati al completamento della trasformazione austenitica al centro della lama (faccio tipicamente lame da 4” con spessore: 4-5mm). Questi due precetti li ho considerati finora una norma di applicabilità generale. E qui mi viene la prima bordata da Templar con il suo primo trattamento suggerito per il D2 che va contro il mio primo precetto: prima tempra con temperatura inferiore (e non di poco!) alla seconda. Mi scombina il modello che mi ero creato in mente (porca zozza!). Templar sarebbe possibile per te girarci qualcosa di più? il manuale ASM che citi credo che costi un botto, se si tratta di un paio di facciate penso che si possa postare ma non vorrei metterti in difficoltà con tale richiesta.
Mi ha fatto sbarellare anche il riferimento ad un grano ASTM 17! Ma come, io ero convinto che le “colonne di Ercole” fossero rappresentato dal valore 15 e mo’ scopro che si può andare molto oltre. La relazione tra il valore del grano ASTM e il diametro effettivo è infatti di tipo esponenziale, per cui passare da 15 a 17 significa dimezzare il diametro, ciè passare da 2micron a 1micron, mica bruscolini!
Veniamo al grafico Uddeholm citato, l’avevo visto ma francamente me lo ero scordato.

E’ in effetti utilissimo spunto di riflessione: non è vero che il grano si ingrossa all’aumentare della temperatura, almeno fino a circa 1080°. Ce l’ho davanti agli occhi e stento ancora a crederci: dritto come un fuso!
A questo punto diventa evidente quanto siano fondamentali gli elementi di lega: quando leggi che il Vanadio diminuisce la crescita del grano, lo prendi per buono e archivi l’informazione. Poi ti fermi sul diagramma qui sopra e ti rendi conto di quanto la natura sia grande.
Non possiamo però non dire che l’austenite residua cresce in modo più che proporzionale, a 1080° siamo al 30%. Ne vale la pena? Vado avanti, semmai si riprende l’argomento.
Per inciso: mi ero stampato nella mente questo andamento valido per i bassolegati:

E, voglio essere sincero, non pensavo che potesse venire completamente sovvertito da uno 0,8% di vanadio! Interessante, estremamente interessante.
Mi rimangono due aspetti da riprendere: il rinvenimento attorno ai 520° per ottenere il secondo picco di durezza:

Anche qui uno spunto di riflessione: ritenevo valida la massima “maggiore T di austenizzazione per maggiore durezza “as quenched””, evidentemente mi sbagliavo. Anche questo aspetto sarebbe bello da approfondire, anche se la risposta si può intravedere in quanto già detto e qui nel seguito.
La zona attorno ai 520° la vedevo con sospetto: “sicuramente ci rimetto in resilienza” pensavo. Spesso inoltre viene riportata con riferimento a processi tipo nitrurazione volti espressamente ad aumentare la durezza superficiale. Da qui la mia titubanza. Ma, se parto da una austenizzazione a 1070°, per forza poi devo recuperare austenite (27% di residua a 1070° sul grafico UDH visto prima)! Quel picco a 520° in parte è dovuto alla trasformazione in martensite dell’austenite residua “as quenched”. E’ un percorso obbligato, non si scappa: se tempro a temperature alte, ho maggiore residuo di austenite, quindi minore durezza (eccolo qua il motivo!), devo recuperare martensite in sede di rinvenimento, quindi devo farla a sua volta nella fascia ad alta temperatura.
Ok, mi batte ed è tutto molto interessante. Mi rimane un residuo di dubbio se penso all’utilizzatore finale per cui fatico ancora un po’ a scollarmi dal mio approccio, ma comunque ritengo sicuramente utile lo scambio avvenuto. In particolare grazie per il riferimento all’articolo dell’università di Toronto che non conoscevo.
Anticipo che presto andrò all’attacco dell’A2, mi aspetto un’altra stimolante chiacchierata.