Autore Topic: D2 vs D3  (Letto 30422 volte)

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Offline Grandejoe

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Re:D2 vs D3
« Risposta #75 il: 19 Gennaio 2014, 11:58:34 am »
Quoto Zio.... State boni se potete.... Soluzione? Semplice.... Due pezzeti di acciaio..... Così senza molare ..... I trattamenti termici descritti e vediamo cosa salta fuori.... No?
Giuseppe Gambino
Contro l'ignoranza anche gli dei cessano di combattere



Offline Templar

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Re:D2 vs D3
« Risposta #76 il: 19 Gennaio 2014, 12:23:02 pm »
Quoto Zio.... State boni se potete.... Soluzione? Semplice.... Due pezzeti di acciaio..... Così senza molare ..... I trattamenti termici descritti e vediamo cosa salta fuori.... No?

Sicuramente sarebbe un ottima cosa fare delle prove. 

Qui non si parla della pre tempra ma comunque è un documento molto interessante per la tempra del D2.

Per chi non mastica molto di metallurgia o di inglese a pagina 62 e 63 ci sono le tabelle che descrivono i risultati finali.

https://tspace.library.utoronto.ca/bitstream/1807/13366/1/MQ45596.pdf
Francesco Bandozzi

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Offline Mattia - UTENTE BANNATO

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Re:D2 vs D3
« Risposta #77 il: 19 Gennaio 2014, 01:36:12 pm »


Sono convinto che per qualsiasi argomento valga un principio che mette la teoria sullo stesso piano della pratica, come importanza, partendo dalla prima per arrivare alla seconda.

1)Devo ottenere un risultato
2)Mi informo documentandomi riguardo la procedura migliore
3)La sperimento personalmente e verifico il risultato.
4)SE e SOLO SE mi ha dato l'esito richiesto la consiglio ad altri.
5)In caso di esito negativo condivido ugualmente i miei risultati, perchè siano di utilità agli altri.


Su questa base diventa produttivo qualsiasi dibattito.
Mattia Lippi

Offline kiko

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R: D2 vs D3
« Risposta #78 il: 19 Gennaio 2014, 02:18:46 pm »
Personalmente ho temprato diverse volte sia d2 che sverker21 (per dei competition). Sempre austenizzato a 1050 e rinvenuto sul picco della seconda curva. Non ho mai avuto problemi nell'uso se non un'oggettiva maggiore difficoltà rispetto ad altri acciai nel riaffilare. Poche volte invece, come nel caso del wilderness, ho rinvenuto basso. Ma solo perché non volevo sacrificare l'inossidabilità.
Io però non faccio testo, perché da sempre nei coltelli che dedico al mio ego cerco massima tenuta di filo perché per me affilare acciai ostici non è un problema, così cerco di affilare meno spesso.

Come forma mentale IO preferisco un approccio alla Templar, prima la teoria e poi la pratica a verifica della stessa. Ma anche solo la teoria mi gratifica lo stesso.

A proposito di grano, ho letto (ma cazzo non mi ricordo dove, non so se era un forum estero o un documento o altro, appena ho un pc sotto mano controllo) che un affinamento eccessivo potrebbe portare a una scarsa temprabilità perché un grano austenitico supersuperiperfine ostacolerebbe la nucleazione della martensite, per cui sarebbe bene non eccedere i due o tre cicli di pre-tempra o tempra multipla (chiamateli come vi pare, son sinonimi).
Non capisco però se 'sta cosa è vera o meno ma mi pareva che fisse supportata da prove empiriche.


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Saluti & ghiande,
Federico Salvestroni.





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Offline Templar

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Re:D2 vs D3
« Risposta #79 il: 19 Gennaio 2014, 07:55:10 pm »
E' vero, il grano influisce sulla temprabilità.
Più il grano è fine più la temprabilità diminuisce e viceversa.

Per acciai ad alta temprabilità come il D2 non credo sia un grosso problema (tieni presente che gli acciai PM hanno un grano molto fine ma comunque gli altolegati mantengono una buona-alta temprabilità) ma per i bassolegati potrebbe essere un fattore di cui tener conto.

C'è da tener presente comunque che la sua influenza sulla temprabilità è comunque "limitata". Conta molto di più la composizione.




Francesco Bandozzi

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Offline Manaresso

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Re:D2 vs D3
« Risposta #80 il: 20 Gennaio 2014, 12:14:48 pm »
Ullalà, quanta roba!

Una prima considerazione: ultimamente mi capita che non appena dò per scontato qualcosa e lo considero, diciamo, metabolizzato: bam! leggo qualcosa che, in tutto o in parte, mi rialimenta il dubbio. Mi è capitato anche in questo caso per alcuni aspetti che Templar solleva, per cui cerco di procedere con ordine e vediamo se alla fine ne esco con qualche convinzione in più (non si può vivere nel dubbio permanente!).

Tempra multipla (doppia o tripla).
Ho fatto mio l’assioma per cui “grano austenitico piccolo fa grano martensitico piccolo” ma anche: “grano martensitico piccolo fa grano austenitico piccolo” Sulla scorta di questa convinzione (che viene proprio dal Vehroeven citato da Templar) ho concepito cicli di tempra con temperature “a calare”. E’ una soluzione che, con Luca, abbiamo sperimentato sul 100Cr6 con, a quanto pare, buoni risultati. In altri termini, se l’obbiettivo è di sfinare il grano trovo giusto stare un po’ più sotto la temperatura di austenizzazione del cicli precedente. Fare il contrario, per me, implicherebbe interrompere il processo di “sfinamento”. Poi, ho fatto mia una seconda posizione: temperature di austenizzazione alte e lunghe permanenze contribuiscono all’ingrossamento del grano austenitico. Quando tempro cerco, a prescindere, di stare al minimo del range consigliato dal produttore e per tempi che ritengo adeguati al completamento della trasformazione austenitica al centro della lama (faccio tipicamente lame da 4” con spessore: 4-5mm). Questi due precetti li ho considerati finora una norma di applicabilità generale. E qui mi viene la prima bordata da Templar con il suo primo trattamento suggerito per il D2 che va contro il mio primo precetto: prima tempra con temperatura inferiore (e non di poco!) alla seconda. Mi scombina il modello che mi ero creato in mente (porca zozza!). Templar sarebbe possibile per te girarci qualcosa di più? il manuale ASM che citi credo che costi un botto, se si tratta di un paio di facciate penso che si possa postare ma non vorrei metterti in difficoltà con tale richiesta.

Mi ha fatto sbarellare anche il riferimento ad un grano ASTM 17! Ma come, io ero convinto che le “colonne di Ercole” fossero rappresentato dal valore 15 e mo’ scopro che si può andare molto oltre. La relazione tra il valore del grano ASTM e il diametro effettivo è infatti di tipo esponenziale, per cui passare da 15 a 17 significa dimezzare il diametro, ciè passare da 2micron a 1micron, mica bruscolini!

Veniamo al grafico Uddeholm citato, l’avevo visto ma francamente me lo ero scordato.



E’ in effetti utilissimo spunto di riflessione: non è vero che il grano si ingrossa all’aumentare della temperatura, almeno fino a circa 1080°. Ce l’ho davanti agli occhi e stento ancora a crederci: dritto come un fuso!
A questo punto diventa evidente quanto siano fondamentali gli elementi di lega: quando leggi che il Vanadio diminuisce la crescita del grano, lo prendi per buono e archivi l’informazione. Poi ti fermi sul diagramma qui sopra e ti rendi conto di quanto la natura sia grande.

Non possiamo però non dire che l’austenite residua cresce in modo più che proporzionale, a 1080° siamo al 30%. Ne vale la pena? Vado avanti, semmai si riprende l’argomento.

Per inciso: mi ero stampato nella mente questo andamento valido per i bassolegati:



E, voglio essere sincero, non pensavo che potesse venire completamente sovvertito da uno 0,8% di vanadio! Interessante, estremamente interessante.

Mi rimangono due aspetti da riprendere: il rinvenimento attorno ai 520° per ottenere il secondo picco di durezza:



Anche qui uno spunto di riflessione: ritenevo valida la massima “maggiore T di austenizzazione per maggiore durezza “as quenched””, evidentemente mi sbagliavo. Anche questo aspetto sarebbe bello da  approfondire, anche se la risposta si può intravedere in quanto già detto e qui nel seguito.
La zona attorno ai 520° la vedevo con sospetto: “sicuramente ci rimetto in resilienza” pensavo. Spesso inoltre viene riportata con riferimento a processi tipo nitrurazione volti espressamente ad aumentare la durezza superficiale. Da qui la mia titubanza. Ma, se parto da una austenizzazione a 1070°, per forza poi devo recuperare austenite (27% di residua a 1070° sul grafico UDH visto prima)! Quel picco a 520° in parte è dovuto alla trasformazione in martensite dell’austenite residua “as quenched”. E’ un percorso obbligato, non si scappa: se tempro a temperature alte, ho maggiore residuo di austenite, quindi minore durezza (eccolo qua il motivo!), devo recuperare martensite in sede di rinvenimento, quindi devo farla a sua volta nella fascia ad alta temperatura.

Ok, mi batte ed è tutto molto interessante. Mi rimane un residuo di dubbio se penso all’utilizzatore finale per cui fatico ancora un po’ a scollarmi dal mio approccio, ma comunque ritengo sicuramente utile lo scambio avvenuto. In particolare grazie per il riferimento all’articolo dell’università di Toronto che non conoscevo.

Anticipo che presto andrò all’attacco dell’A2, mi aspetto un’altra stimolante chiacchierata.


Maurizio Manzoni



Imparare senza pensare è inutile, ma pensare senza imparare è pericoloso (Confucio)

Offline kiko

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Re:D2 vs D3
« Risposta #81 il: 20 Gennaio 2014, 02:42:30 pm »
Io, tra i tanti, ho anche un ulteriore dubbio.
Guardando l'ultimo grafico e ipotizzando di aver austenizzato lo sverker 21 1050, se volessi ottenere una durezza finale di 60HRc rinvenendo sulla seconda curva avrei la possibilità di rinvenire a destra o a sinistra del picco.
Alcuni produttori per una massima tenuta di filo consigliano di rinvenire nella parte discendente della curva, quindi a dx. E mi chiedevo il perché.
Probabilmente anche perché lì avrei un maggior recupero di austenite residua, ma non so se sia solo per quello.

Riporto il grafichetto preso dal manuale dello sverker21

Saluti & ghiande,
Federico Salvestroni.





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Offline kiko

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Re:D2 vs D3
« Risposta #82 il: 20 Gennaio 2014, 02:43:29 pm »
Ho scritto a cazzo.
La frase giusta è: "... austenizzato lo sverker 21 a 1050°C ..."
Saluti & ghiande,
Federico Salvestroni.





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Offline silale

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Re:D2 vs D3
« Risposta #83 il: 20 Gennaio 2014, 03:55:07 pm »
Allora benedetti figlioli, io non ci capisco una pippa di tecnica, figuratevi di tempera ;D il D2 mi è sempre piaciuto ed è utilizzato da tanti coltellinai, molti tipo Dozier lo temperano sui 58 Hr o max 59. Personalmente ho 3 lame in D2 una temperata a 58 hr, tiene benissimo il filo e si riaffila bene, un'altra non so a quanto è temperata, ma ha una leggera tenuta di filo in + e si riaffila un po più difficilmente, sicuramente sta sotto i 60 hr, ma presumo, perchè ho un'altra fatta da un coltellinaio straniero, che sul certificato reca 60/61 hr di durezza e non riesco ad affilarlo, ora sono una pippa, ma non ho una levigatrice per riaffilarlo, molti come me hanno pietra o stick, con questi sistemo non ci sono riuscito, quando usi una lama, non devi stare a smadonnare 2ore per riaffilarlo, preferisco che faccia 10 tagli in meno, ma poi riesco ad affilarlo, quindi io preferisco un compromesso, che per me sta nel mezzo. Scusate se ho spammato
Rampini Silvano

La vita è come un campo di fave,
ti devi mettere a 90 gradi, per raccoglierle,
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Offline drieu

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Re:D2 vs D3
« Risposta #84 il: 20 Gennaio 2014, 04:21:16 pm »



quoto Silvano
mi sono capitati dei D2 industriali duri assatanati
da utilizzatore non esperto, né attrezzato, durezze che penalizzano la possibilità di riaffilare non fanno per me
BONUM CERTAMEN CERTARE

"La Tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco" Gustav Mahler

AndreaLucchini

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Re:D2 vs D3
« Risposta #85 il: 20 Gennaio 2014, 04:27:14 pm »
vado a mente, ma se non ricordo male io il D2 lo tratto
1030 da 15 a 25 minuti a seconda dello spessore
spegnimento in aria forzata e
rinvenimento doppio di 1 ora l' uno a 540 gradi.
Denis Mura
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Offline Burro

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Re:D2 vs D3
« Risposta #86 il: 21 Gennaio 2014, 08:51:48 am »
Il D2 temprato da 60 in su, non è buono per le lame. Punto. Poi ognuno la vede e la pensa come vuole.
Ma sopra i 60 è troppo duro. Ed è il motivo per cui a tanti non piaceva. Se aggiungete che i trattamenti in genere sono anche fatti a cazzo, ed è facile presumere che molti fossero anche oltre i 61hrc.
Chi tempra a cazzo, col d2 fa un gran casino. Più che con altri acciai. E sinceramente penso che un D2 DAVVERO temprato a 61\62, sia quasi inaffilabile.
E per favore, non tenete conto di nastri diamantati etc. Tanto la gente scurreggia tanto, ma a casa affilano tutti a mano.
Il resto è per gli intelligenti e chi ne capisce davvero. Io mi fermo qui.
Andrea Burroni
Phava datata.

Offline Templar

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Re:D2 vs D3
« Risposta #87 il: 21 Gennaio 2014, 10:18:45 pm »
Provo a dare qualche risposta a manaresso, sperando di togliere qualche dubbio.

E' giusto "l'assioma", riferito a tripla o doppia tempra, per cui da un grano perlitico fine si ottiene un grano austenitico fine e viceversa e da un grano austenitico più fine si ottiene una struttura martensitica più fine. Alla stessa maniera più la martensite è fine più fine sarà l'asutenite che si andrà a formare da essa.

Detto questo in genere quando si fa la doppia o tripla tempra si utilizzano, per affinare il grano, temperature di austenitizzazione basse, ovvero molto vicine alla temperatura critica Ac1 (di poco superiori), per mantenere un grano austenitico fine e affinarlo ulteriormente ad ogni ciclo.
Per la tempra vera e propria però bisogna utilizzare temperature più alte per avere una migliore austenitizzazione e solubilizzazione del carbonio (ed eventualmente altri elementi di lega) nell'austenite.

Ti faccio un esempio. Prendi il trattamento che ho consigliato per il D2, il primo.

Ho detto di fare la pretempra a 900°C circa. A quella temperatura per il D2 hai si la struttura austenitica ma la quantità di carbonio e cromo portati in soluzione è molto bassa. La durezza dopo lo spegnimento per il D2 temprat in olio a 900°C infatti sarebbe decisamente bassa.
Però a 900°C hai un grano austenitico fine, non rischi ingrossamento del grano, hai una temprabilità ridotta e riesci ad ottenere una struttura fine dopo raffreddamento.

La tempra vera e propria però la devi fare a T comprese tra i 1010°C e i 1070°C, per portare in soluzione una quantità di carbonio e cromo sufficiente.

Stessa cosa vale per un carbonioso. Prendi il K720. Se tu volessi provare a fare una doppia e tripla tempra per vedere l'efficacia di questo trattamento dovresti fare le prime due o tre tempre, quelle di "affinamento" a 740-750°C. A quella temperatura però non puoi fare la tempra vera e propria perchè porteresti in soluzione una quantità di C troppo bassa. Devi stare su T comprese tra i 790-810°C.

Quindi per affinare il grano non è necessario abbassare ad ogni ciclo la T di tempra. Basta fare i due o tre cicli di affinamento ad una T di austenitizzazione bassa, il più possibile vicino (sopra) ad Ac1. Poi fai la tempra vera e propria ad una temperatura più alta, compresa nell'intervallo indicato dal produttore dell'acciaio.

L'andamento della dimensione del grano in base alla temperatura di austenitizzazione dipende anche dalla composizione dell'acciaio. Mn,Cr,Mo,V,Nb e Al ritardano la crescita del grano, quindi creano un andamento simile a quello indicato nel grafico dello sverker 21.
Non servono percentuali alte di tali elementi per ritardare la crescita del grano, bastono alcuni decimi di punti percentuali.

Per quanto riguarda l'austenite residua aumenta con l'aumentare della T di austenitizzazione perchè aumenta la quantità di elementi di lega che si portano in soluzione. Tanto maggiore è la percentuale di elementi di lega che porti in soluzione nell'austenite (ad eccezione di codablto e alluminio) tanto maggiore è la quantità di austenite residua che ti trovi dopo lo spegnimento. Perchè? Perchè vanno ad abbassare la temperatura di inizio trasformazione martensitica (Ms) ma, soprattutto, quella di fine trasformazione martensitica (Mf), che ti puoi ritrovare abbondantemente sotto gli 0°C.

Basta lo 0,7% di C in soluzione nell'austenite per portare Mf ad di sotto degli 0°C.

Allora che senso ha temprare, ad esempio, lo Sverker 21 a 1050°C se poi dopo lo spegnimento ho il 20% circa di austenite residua?
Serve per sfruttare la precipitazione dei carburi secondari ed avere un picco di durezza dopo rinvenimento ad opportune temperature.
Se non sfrutti l'indurimento secondario allora temprare a 1050-1070°C ha poco senso. Meglio stare più bassi, tra i 1010 e i 1040°C.

Per rispondere anche a kikko consigliano di rinvenire DOPO il picco perchè così hai la completa precipitazione dei carburi secondari e facendo più rinvenimenti consecutivi in quella "zona" della curva di rinvenimento riesci a trasformare gradualmente l'austenite residua in martensite (prima in martensite fresca e poi in martensite rinvenuta). Un fattore molto importante è quanto tempo passa tra lo spegbimento e il rinvenimento. Più tempo passa più l'austenite residua si stabilizza ed è difficile da trasformare. In teoria il rinvenimento andrebbe fatto subito dopo lo spegnimento.

Non so se ho chiarito in parte i tuoi dubbi o se ti ho fatto solo confusione. Ci sarebbe molto altro da scrivere ma in un messaggio è un po' troppo complicato.
Francesco Bandozzi

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Offline Templar

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Re:D2 vs D3
« Risposta #88 il: 21 Gennaio 2014, 10:26:35 pm »
Dimenticavo il diagramma della pre tempra del libro ASM.
Questa l'ho presa da internet ma è la stessa del libro in questione (questa è presa dalla seconda edizione. Io ho la quarta).

Francesco Bandozzi

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Offline kiko

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Re:D2 vs D3
« Risposta #89 il: 22 Gennaio 2014, 09:30:19 am »
E 'sti cazzi, aggiungerei.

Devo ancora ragionare e elaborare le cose scritte in questa ultima decina di post ma devo dire che la discussione sta prendendo una piega veramente fica.
Quando si ragiona e ci si confronta in questi termini, seppur con idee e convinzioni diverse, non può che essere un'ottima cosa. E tutti se ne esce più ricchi, secondo me.

Ho capito perché T l'ha chiamata pre-tempra, da "prequench" del libro.
'sto librone mi toccherà comprarlo.

Apro parentesi, il fatto che noi con"tempra" si intenda una cosa e gli anglofoni con "tempering" ne intendano un'altra crea sempre confusione e disorientamento per chi legge. Chiusa parentesi.
Saluti & ghiande,
Federico Salvestroni.





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